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Trasferirsi a Barcellona

“Ciao, ma che bello ti sei trasferito a Barcellona? DOVRAI essere felicissimo!! Che fortunato che sei, li si che DEVI stare bene!!!”. E´ cosi che a volte ci salutano e ci parlano alcuni amici e conoscenti quando torniamo in Italia. In alcuni casi è proprio cosi, perché te la stai spassando alla grande ma a volte avresti solo voglia di raccontare quanto è difficile adattarsi, quanto ti sei sentito solo l’ultima settimana o del senso di vuoto che provi…

I motivi che ci spingono a trasferirci all’estero possono essere diversi. Alcuni si trasferiscono con la speranza che Barcellona possa aiutarli a dare una svolta alla propria vita, altri vengono per studio e la scelgono per viverci, altri ancora per amore o perché obbligati per il lavoro.

Qualsiasi sia la ragione per la quale abbiamo deciso di venire a vivere a Barcellona, tutti ci siamo trovati ad affrontare alcune difficoltà di tipo pratico (trovare casa, un lavoro, i documenti, imparare la lingua……)  e a volte anche di tipo affettivo e psicologico.

Curiosità, tenacia, voglia di mettersi in gioco e imparare sono buoni compagni e alleati quando ci trasferiamo in una nuova città ed aiutano ad affrontare con maggiore motivazione i problemi che si possono presentare. A volte pero i continui ostacoli che si interpongono, i sentimenti di nostalgia, la paura del nuovo, la solitudine o la rabbia di una scelta sentita obbligata per amore o lavoro possono appannare e oscurare interamente il nostro modo di vedere e vivere il trasferimento. La nostra mente si riempie di domande, dubbi, iniziamo a rimuginare: “Avrò fatto bene?” “Mi sento cosi solo qui era cosi bello uscire per strada e incontrare sempre qualcuno che si conosce…” “Torno? Penseranno che non ce l’ho fatta…” e ci invade un senso di ansia, stress, tristezza, rabbia, smarrimento…

Trasferirsi in una nuova città significa guadagnare in esperienza ma implica anche una perdita e come tale implica dolore, smarrimento e un processo di riadattamento. In psicologia vari autori parlano di lutto migratorio perché alcuni stati emozionali che si posso provare nel processo di adattamento sono gli stessi che si possono sperimentare a seguito della perdita o separazione da una persona cara.

Parliamo di lutto infatti per riferirci a  “… stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili (Galimberti, 1999, 617).

La dottoressa Kübler Ross ha identificato cinque fasi del lutto: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione. Queste fasi non sono lineari, definite e distinte. Non si attraversano per forza tutte e si possono presentare con un ordine differente.

Allo stesso modo di chi elabora un lutto, anche chi si trasferisce può vivere momenti di negazione e rifiuto (non voler imparare la lingua, chiusura), momenti di rabbia (proteste, lamentele) e momenti di tristezza (senso di nostalgia e sensazione di perdita degli affetti, paura di dimenticare o essere dimenticati…).

“Accettare” significa invece fare la pace con il cambiamento, smettere di lottare e aprirsi all’esperienza presente. Vuol dire togliere gli occhialoni che avevano annebbiato il nostro modo di vedere le cose e vivere in modo presente e consapevole il trasferimento.

Accettare a volte significa anche diventare consapevoli che preferiamo ritornare in Italia. Tornare non è un fallimento, può essere una scelta altrettanto viva quanto partire e restare.

Suggerimenti per affrontare il trasferimento e i momenti difficili:

  • Non isolarsi: frequentare persone, gruppi e visitare posti nuovi
  • Imparare velocemente la lingua per comunicarsi e integrarsi
  • Darsi obbiettivi a breve termine
  • Parlare delle proprie emozioni, confidarsi con le persone care. A volte alcune persone hanno passato per le stesse difficoltà. Non siamo soli.
  • Ricordarsi che è normale vivere momenti temporanei di tristezza e preoccupazione. Quando succede chiamiamo un amico o regaliamoci qualche attività che ci piaccia.
  • Coltivare la gratitudine e nominare ogni giorno 5 cose per le quali essere grati. La nostra mente ci porta per la sua naturalezza a orientarci verso quello che ci manca. Questo semplice esercizio è un bon antidoto alla tristezza e all’ansia.
  • Ricordarsi che possiamo sempre tornare in Italia
  • Tenere a mente sempre quello che è importante per noi. “Crescere? Una nuova esperienza lavorativa? Conoscere una nuova cultura? Vivere pienamente?” Se seguiamo i nostri valori, le difficoltà saranno parte del processo e della vita e non un ostacolo.

 

 

Se gli stati di tristezza, ansia o rabbia perdurano e iniziano a influenzare la nostra quotidianità è consigliabile chiedere un aiuto esterno, di uno psicologo o del proprio medico di base.